Nelle nostre peregrinazioni alla ricerca delle tradizioni locali abbiamo trovato nelle consuetudini partenopee del capodanno alcuni spunti veramente interessanti.
Diciamo innanzitutto che a pranzo si rimane leggeri consumando solo pizza con le scarole per lasciare spazio alle leccornie del cenone.
A Napoli nel cenone si spazia dal mare all'orto e cosi dal cotechino allo zampone segno d’abbondanza, alle lenticchie e ai chicchi d’uva sinonimo di soldi e gratificazioni economiche. In realtà Secondo la tradizione lo zampone fu creato agli inizi del Cinquecento dai cittadini della corte dei Pico di Mirandola per meglio conservare la carne dei maiali, durante il lungo assedio alla città da parte delle truppe di Papa Giulio II della Rovere quindi non è da considerarsi tipico napoletano ma "importato".
Dicevamo che non sempre a Napoli, il mare la fa da padrone, anche se la tradizione vuole che il 31 si ripeta il menù di magro della Vigilia, con molte ricche varianti e creazioni.
Il ricco cenone di San Silvestro comincia con gli antipasti: un insalata di rinforzo con la frittura di sfizi napoletani e bruschette, con tanto di crocchè, arancini di riso, pizzelle di alghe e calzoncelli ripieni di ricotta ma anche il fritto povero con le “morzelle” (parti di scarto) di baccalà, alici ed alghe. Naturalmente c'è chi propone anche il classico Soutè di cozze o l'insalata di mare o di solo polpo.
Per i primi vari tipi di pasta con il pesce, dai paccheri, rigorosamente di Gragnano, con gamberi, o con i lupini, ma anche allo scoglio con frutti di mare, calamari e gamberi.
Ma c'è anche chi propone nello spirito della tradizione contadina per cui del maiale non si buttava proprio nulla e in tutte le case, anche quelle napoletane, si era soliti conservare sotto sale il lardo dell’animale. Era consuetudine consumarlo pian piano, nei periodi più freddi, come ingrediente dei piatti più succulenti e in questa consuetudine s'inquadrano gli ziti lardiati.Una preparazione semplice ma gustosissima a patto di disporre del lardo giusto, non di maiale di batteria per intenderci. La preparazione, dicevamo, è semplice perchè si tratta di fare un sughetto che veda un soffritto di cipolle con il lardo a cui si aggiungono dei pomodori San Marzano appena ammaccati con basilico per dare luogo a un composto sugoso ma non liquido. Gli ziti nel contempo li abbiamo messi nell'acqua bollente scolandoli ben al dente per poi mantecarli per qualche minutino nel sughetto. si servono con un filo d'olio ,parmigiano e pecorino, un paio di foglie di basilico per decorazione e abbiamo un piatto da due soldi di spesa pieno di gusto e tradizione, degno d'un cenone.
A questo si accosta anche il risotto al cotechino e lenticchie: un classico.
Sui secondi raramente ci si può discostare dalle abbondanti fritture di pesce. sia esso di paranza o il classico calamari e gamberi, ma anche baccalà pastellato e il famoso Capitone fritto o in umido. Sul Capitone ci sarebbe da parlarne un pochino: il capitone è un’anguilla femmina. Il suo nome scientifico è “anguilla anguilla”, tanto per mettere i puntini sulle i.
Il Capitone in Italia viene allevato in prevalenza nella laguna veneta, e nei laghi di Lesina e Varano (Puglia).
Il Capitone vive in mare, in acque salmastre e in acque dolci: insomma, dovunque. Non è un animale particolarmente intelligente, né previdente, tanto che a Napoli, ad una persona che non si preoccupa di nulla, e che vive passivamente, si dice: “Duorme capitò, c’a Natale te scite".
Le origini storiche dell'arrivo del Capitone sulle tavole campane si perdono nel dedalo dei ritualismi e delle tradizioni popolari di una città che ha sempre vissuto di mare e pesca. Pertanto se chiedessimo a i napoletani più in la con gli anni, ogni anziano racconterebbe una storia diversa sul perché e sul come l’anguillone sia diventato il piatto forte del cenone. Tuttavia le teorie più accreditate individuano le ragioni di tale consumo nella somiglianza tra questo pesce ed il serpente, simbolo del male: esso è molto simile al serpente, che secondo il Cristianesimo è l’animale che rappresenta il male, le cui sembianze assunse Satana per tentare Eva e farle mangiare il pomo proibito. Mangiare il Capitone esorcizza la malasorte e la malvagità, annullando l’oggetto portatore della negatività. Non sorprende, quindi, constatare che un popolo così superstizioso come quello partenopeo abbia continuato a scacciare la “malasorte” in questo modo per secoli. A proposito, nella smorfia il Capitone si identifica con il numero 32. Inoltre il capitone ha una forma un pò particolare per cui anche la tradizione che lo vuole benefico per la "virilità" dei maschi è abbastanza comprensibile……
A questi assagini, si fa per dire, normalmente non si disdegna affiancare una portata di pesce fresco: un Orata, una Spigola, un Dentice o qualche Pezzogna….
Tutto accompagnato da vini bianchi per il pesce quali Fiano, Greco o Falnghina e le bollicine per accompagnare i dolci della tradizione; struffoli, cassate, roccocò, mustaccioli e panettone.
Dulcis in fundo la frutta secca dove non possono mancare le castagne 'ro prevete e le nocelle al forno.
Guagliù : buon anno!!!