« Non sa ella, signora Contessa, che Domineddio fece apposta il Lambrusco per annaffiare la carne dell'animale caro ad Antonio Abate? E io, per glorificare Dio e benedire la sua provvidenza, mi fermai a Modena a lungo a meditare la sapienza... » |
(Giosuè Carducci, tratto dalla corrispondenza intrattenuta con la contessa Ersilia Lovatelli) Parlando di Lambrusco vengono in mente allegre e chiassose tavolate di amici che, davanti a prosciutti, salami e culatelli, scherzano tra loro in dialetto emiliano/romagnolo e non ci sono dubbi che questo vino sia certamente il ritratto dell'Emilia: conviviale, frizzante e allegro.
I Romani indicavano con i termini "Labrum" (margine del campo) e "Ruscum" (rustico, selvatico) quelle viti selvatiche che crescevano spontaneamente al di fuori del coltivato, cionondimeno venivano utilizzate per produrre vino, da questo il termine Labrusca. Secondo un altra tesi il nome Lambrusco potrebbe derivare dalla fusione dei termini "labo" (prendo) e "ruscus" (che punge il palato). Peraltro il mantovano Virgilio ci parla nelle sue bucoliche della vitis brusca, cosi come Catone,Varrone e Plinio il vecchio la citano nei loro scritti. In particolare Plinio, nel Naturalis Historia, scrive: "la vitis vinifera le cui foglie, come quelle della vite labrusca, diventano di colore sanguigno prima di cadere". Più tardi é Matilde di Canossa che fortifica le terre di cui è regina e promuove la coltura della vite labrusca perchè ne aveva intuito il valore economico. Arriviamo al 1567 quando il medico del papa Sisto V, Andrea Bacci, che si occupava anche di botanica, riporta: "sulle colline di fronte alla città di Modena si coltivano lambrusche, uve rosse, che danno vini speziati, odorosi, spumeggianti per auree bollicine, qualora si versino nei bicchieri". Finalmente nel 1700 avviene l'introduzione della bottiglia borgognona, con un vetro più spesso e una maggiore resistenza alla pressione dell'anidride carbonica che si produce per rifermentazione degli zuccheri ancora presenti nel vino. Arriviamo ad una epoca relativamente prossima, il 1860, e troviamo carteggi nei quali si annotano grosse quantità di Lambrusco che vengono portate in Francia da Carpi e, più in particolare, dalla frazione di Santacroce.E a seguire nel 1867 Francesco Aggazzotti, conosciuto per i suoi scritti sull'aceto balsamico, propone la prima classificazione per località che vedeva: il lambrusco della viola o di Sorbara, il lambrusco Salamino e il lambrusco dai Graspi Rossi. Il lambrusco nella prima metà del Novecento era un vino decisamente secco e la spumantizzazione era prodotta mediante una seconda fermentazione in bottiglia esattamente come avviene per lo Champagne. Dai primi anni '60 e con l'avvento di nuove tecnologie nella vinificazione, ovvero il metodo Charmat, se ne sviluppò la produzione. Nel ventennio successivo questo vino ebbe un grande successo di vendite all'estero specialmente negli Stati Uniti dove venne molto apprezzato tanto da rappresentare circa il 50% dei vini italiani importati in America. Negli infatti, venne promosso come una specie di Coca Cola italiana. Ma, finalmente, negli anni '90 la produzione ebbe una svolta dal punto di vista qualitativo ai danni di quello quantitativo e si cerco di ritornare alle origini del lambrusco, più secco e consistente e meno dolce. Oggigiorno una buona parte dei migliori prodotti non vengono esportati e quelli venduti sui mercati esteri non sono DOC e solitamente di qualità inferiore. Esistono quattro tipi di Lambrusco DOC: il Lambrusco rosso Salamino di Santa Croce secco o amabile; il Lambrusco di Sorbara che può essere rosso o rosé, secco o amabile; il Lambrusco Reggiano, rosato e dolce o rosso e secco e il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro secco o amabile. Il Lambrusco salamino, dai caratteristici grappoli che ricordano dei salami, possiede un colore scuro con una intensa schiuma viola e un corpo medio. Il Lambrusco di Sorbara rosso che è considerato il più pregiato e viene prodotto nella provincia di Modena. È tipicamente un vino leggero con aromi di fragole lamponi e ciliegie. Il lambrusco reggiano dalla schiuma vivace ed evanescente caratterizzato da un gradevole profumo che varia dal fruttato al floreale, con un gusto fresco e fragrante. Il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro fortemente aromatico si presenta con una schiuma color ciliegia con aromi più ampi rispetto agli altri tre tipi di Lambrusco. Il Lambrusco lo troviamo frizzante o spumante e, in questo caso, può essere secco, amabile, dolce. Sia la versione frizzante che spumante può essere anche rosé. Rarissimo è il lambrusco tranquillo, prodotto a livello familiare: in buona sostanza è lambrusco vinificato senza essere stato poi fatto passare in autoclave. Esiste anche qualche caso di lambrusco spumante metodo classico. Infine, qualcuno vinifica in bianco il lambrusco ma la diffusione di questa versione è assai scarsa. Gli accoppiammenti tipici del Lambrusco sono i prodotti della ricca cucina emiliana in gran parte fatta di piatti grassi e aromatici. Dunque si abbina splendidamente anche con la carne suina, le salsicce e l'agnello ma è ottimo anche con il parmigiano e il grana padano. Peraltro lo troviamo nella preparazione di piatti, specialmente tipici emiliani, come lo zampone e il cotechino, o primi piatti come la pasta o il risotto al Lambrusco. Viene inoltre utilizzato nella preparazione di cocktail, quindi miscelato ad altri alcolici e frutta e servito come aperitivo. È anche utilizzato nella vinoterapia per le sue proprietà di conservazione della pelle. Giovane, con tannicità e acidità contenute, è un vino vivace e gradevole dalla spuma leggera, un profumo fruttato e un moderato contenuto alcolico. Come regola questo nettare degli dei è prodotto prevalentemente in autoclave, fatta eccezione per una piccola produzione che è ancora ottenuta con rifermentazione in bottiglia secondo il metodo classico o quello tradizionale.
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