Alle volte essere febbricitante e raffreddato ti procura occasioni che per abitudine non ti si sarebbero mai presentate e cosi mi è capitato di vedere il programma RAI2 Italia in una delle sue puntate più interessanti. Uno degli argomenti del giorno è stato gli antichi mestieri con una panoramica sull'artigianato italiano. L'inizio è stato veramente desolante visto che i dati presentati parlano di 16550 imprese artigiane che hanno chiuso i battenti e 208000 giovani italiani che hanno abbandonato la nostra nazione, ma a equilibrare questi dati, il Segr.Generale della Confartigianato, Dott. Cesare Fumagalli, ha parlato di un fatturato dell'esportazione di 127 miliardi. Ah, però, mica bruscolini…Giustificava queste cifre con la richiesta estera e interna del bello, del pezzo unico, del non omologato e dove comprarlo se non in Italia? Purtroppo la politica non aiuta gli artigiani nella formazione ne nella tassazione (auspicava di avere lo stesso trattamento dei colossi del Web), ciononostante in Lombardia recentemente sono sorte 288 nuove imprese di giovani, specialmente nell'agricoltura.
Se qualcuno avesse dei dubbi sul fatto che gli operatori agricoli possano avere punti in comune con gli artigiani propriamente detti vi propongo il manifesto dei produttori vinicoli della associazione tripla A:
INTRODUZIONE DEL DECALOGO TRIPLE "A" SCRITTO DA LUCA GARGANO NEL 2003
La maggior parte dei vini attualmente prodotti nel mondo sono standardizzati, cioè ottenuti con tecniche agronomiche ed enologiche che mortificano l’impronta del vitigno, l’incidenza del territorio e la personalità del produttore.
La standardizzazione sta generando vini simili in ogni angolo del pianeta, appiattiti nei caratteri organolettici e incapaci di sfidare il tempo.
L’utilizzo della chimica nel vigneto e l’utilizzo dei lieviti selezionati in laboratorio sono le due cause principali di questa standardizzazione.
I grandi vini, i vini emozionanti, sono frutto di un lavoro agricolo ormai quasi scomparso e di una vinificazione la meno interventista possibile. Il vigneto coltivato come un orto.
Il manifesto dei produttori Triple A indica i criteri di selezione fondamentali che accomunano gli ultimi superstiti che producono vini degni di essere un mito come è sempre stato nella storia dell’uomo.
Ancora una volta il denominatore comune è fornire un prodotto non omologato, il pezzo unico che solo l'artigiano sa fare e fra questi vorrei citare la giovane quanto capace Arianna Occhipinti. Era solo una ragazza siciliana di ventidue anni quando Arianna Occhipinti piantò la sua prima vigna. Avrebbe potuto scegliere qualunque altro destino, invece ritornò nella sua amata Iblea, la regione intensa e calcarea da cui molti siciliani, nei decenni passati, se ne andarono per sempre.
Passiamo agli artigiani del pane perchè anche in questo settore c'è chi ha voluto proporre il vecchio pane dei nonni, con farine dimenticate ( con pochissimo glutine e grani che si maturano col sole e non col glifosate), il lievito madre e tanta passione che è anch'esso un pezzo unico che poco ha a che fare col prodotto industriale. Tra chi ce l'ha fatta vorrei citare con grande piacere Francesca Casci Ceccacci: nata a Senigallia trentaquattro anni fa, cresciuta con nonna Clara, diplomata al liceo scientifico, laureata in giurisprudenza a Bologna, un Master sul controllo qualità alimentare e poi a Torino per lavorare come responsabile qualità per una grande multinazionale nel campo della ristorazione.
Ma mentre studiava e portava avanti gli esami, più che altro per non far dispiacere alla famiglia, ha sempre frequentato corsi e workshop di cucina. “Credo sia un retaggio della mia infanzia, essendo una bambina irrequieta l’unico modo che aveva trovato mia nonna romagnola per tenermi buona era mettermi sul tavolo acqua e farina, così io perdevo le ore ad impastarli”. Nel suo piccolo punto vendita, che in realtà nasconde un super laboratorio di 100 mq, arrivano anche tanti clienti “normali”. “Le persone prenotano il pane e noi glielo portiamo a casa, è un escamotage che abbiamo trovato per ovviare al piccolissimo punto vendita”
Questo è il primo punto. La pietra basale del suo progetto: la memoria di casa, tutto il tempo passato con nonno Giorgio, carrozziere affamatissimo e con nonna Clara, imponente "zdora" romagnola.
Se da un lato erano proprio loro i grandi promotori dei suoi studi, della sua “carriera da avvocata” che, come le dicevano, “ti farà vivere una vita migliore”, dall’altro sono stati i muratori della sua educazione alimentare; e qua Francesca insiste: “per me la tavola è stata come un banco di scuola. Lì ho imparato che rispettare il cibo voleva dire rispettare la fatica degli altri. I nostri nonni hanno fatto la guerra, sono stati sfollati e sapevano benissimo che l’abbondanza a tavola non è mai cosa scontata”. Con un sorriso racconta che, al momento dei lutti, in famiglia non riuscivano a trovare foto in cui Giorgio e Clara non stessero a tavola masticando un boccone…
“La presenza degli under 35 – sottolinea la Coldiretti – ha di fatto rivoluzionato il lavoro in campagna dove il 70 per cento delle imprese giovani opera in attività che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili”.
Si ringraziano le fonti che sono state utilizzate nelle interviste a Arianna Occhipinti, Francesca Casci Ceccacci e Alex Barbieri.