Continuando la passeggiata per le regioni d'Italia alla scoperta delle preparazioni tradizionali della Santa Pasqua …..

La Pasimata della Garfagnana.Si tratta di uno dei dolci tradizionali del periodo Pasquale in Garfagnana e Valle del Serchio. La ricetta originale sembra risalire al 1621, quando la Confraternita Del Santissimo Sacramento di Castiglione di Garfagnana ne stabilì la distribuzione a tutti i confratelli.

Un tempo, ogni famiglia della Garfagnana preparava la pasimata, cotta nei forni a legna e poi portata a benedire in Chiesa il giorno di Pasqua. Un dolce fatto con ingredienti semplici e tanto tempo per via delle numerose lievitazioni alle quali l'impasto è sottoposto. Spesso la ricetta veniva tramandata da madre in figlia e sembrerebbe la versione garfagnina della tipica schiaccia toscana.

La schiacciata di Fucecchio Da Fucecchio alla provincia di Pisa, fino a quella di Livorno e oltre, la lavorazione della schiacciata di Pasqua comincia con la preparazione del lievitino (la biga) e viene portata avanti ​ con tanta abilità e pazienza visto che per preparare e cuocere il dolce seguendo la tradizione occorrono almeno 18 ore.  Quella crosticina scura e lucida, ottenuta nel forno caldo dopo aver spennellato la superficie con l’uovo e l'odore inconfondibile dei semi di anice sono per i toscani di questa zona il sapore della mattina di Pasqua, della primavera appena arrivata, delle campane che suonano a festa per celebrare Cristo redento. Una tradizione toscana vera, perché non è Pasqua se in tavola non arriva la schiaccia o schiacciata. Due modi diversi per indicare lo stesso dolce, che è simile, ma mai uguale a se stesso. Perché dopo Pellegrino Artusi, che poneva nel suo ricettario questa specialità, ogni territorio della Toscana ha elaborato la sua ricetta e anche la forma, sempre simile a una cupola, ma con una altezza variabile.

E che bontà accompagnare una bella fetta di questo dolce con qualche pezzettino dell’uovo di cioccolata. Il Comune di Fucecchio,  ha istituzionalizzato la sua ricetta sul sito del comune  con un capitolo dedicato alla schiacciata di Pasqua che si stabilisce: “nasce nella seconda metà dell’Ottocento come prodotto della campagna fucecchiese e della zona pisana limitrofa dall’ingegno delle famiglie contadine che pensarono di impiegare l’abbondante produzione di uova del periodo della Quaresima nella preparazione di un dolce da destinare alle festività pasquali”. Una ricetta che prevede, per eseguirla bene, abilità e molta, pazienza: infatti il grande segreto sta nella lievitazione naturale in tre fasi  della schiacciata…..

La pizza di formaggio (crescia di Pasqua)

Nelle Marche si usa festeggiare la Pasqua senza mezzi termini, sin dalla colazione! L' antica usanza diffusa ancora oggi in moltissime famiglie marchigiane tra le quali la mia, consiste in un abbondante pasto a base di salumi e pane casereccio, uova (quelle benedette del prete durante la benedizione delle case), torta al formaggio, coratella d’agnello, frittata con la mentuccia e non solo, il tutto, ovviamente, accompagnato con del buon vino. La tradizione rappresenta, dal punto di vista religioso, la fine della Quaresima e del digiuno e la celebrazione del ritorno alla vita con una grande voglia di festeggiare la Resurrezione. Dunque non c’è Pasqua nelle Marche senza “pizza cascio e oe” o “crescia brusca” come la chiamano in alcune zone della regione, ovvero pizza formaggio e uova il cui profumo inebria la casa e stuzzica l’appetito. Ottima da gustare con i salumi, Ciauscolo e salame di Fabriano in primis, ha la stessa forma del panettone, ma anziché essere dolce è salata ed ha una consistenza molto più spugnosa.

Sembra abbia avuto origine a Jesi ma è una preparazione diffusa in tutta la regione e condivisa con la vicina Umbria. La ricetta originale, che un tempo prescriveva 40 uova, come i 40 giorni della Quaresima, veniva preparata con grande impegno, di spesa e di tempo, il Giovedì o il Venerdì Santo, e secondo la tradizione non si doveva assaggiare finché non si “scioglievano le campane”, a conclusione cioè del periodo di digiuno e penitenza rappresentato dalla Quaresima. Le pizze si portavano poi a cuocere nei forni, prenotando la cottura famiglia per famiglia, in alcuni libri che i fornai ancora ricordano viene preparata nel periodo di Pasqua .  La crescia o pizza di Pasqua dell'anconetano e del maceratese unisce alla ricetta pesarese grossi pezzi di formaggio pecorino, che durante la cottura si gonfiano e lasciano degli alveoli all'interno della crescia; il formaggio che cola all'esterno diventa croccante, e rende particolarmente saporito l'impasto.

Ciambelle Strozzose. Si narra che un tempo " le vergare " marchigiane ( donne di casa ) iniziavano ad impastare queste ciambelle il giorno della passione di Cristo e le facevano riposare per cuocerle il giorno di Pasqua.

E' vero che questo impasto ha bisogno di riposo, dopo la lessatura, le ciambelle possono aspettare anche tutta la notte prima di essere infornate, come vedete anche qui "piano piano, buono buono". La ciambella strozzosa viene preparata la mattina di pasqua, per la colazione salata con salame stagionato, formaggio e uova sode.Una volta cotte queste possono essere decorate con glassa di zucchero o di cioccolato e adornate con dei confettini colorati. E’ un dolce poco dolce, della tradizione contadina delle Marche, fatto con pochi e poveri ingredienti per un gusto semplice e antico. Queste ciambelle hanno una consistenza particolare, molto pastosa, e vanno accompagnate con qualche bicchiere di vino, altrimenti si rischia lo strozzamento, da questa particolarità il nome…..

ascoli

 

I piconi al formaggio

Nella provincia di Ascoli Piceno alla pizza di formaggio si aggiungono i piconi: una semplice ricetta della tradizione contadina che vede protagonista il formaggio, sempre molto abbondante in questo periodo dell’anno grazie alla nascita di tanti agnelli nei greggi di pecore. Sono dei ravioli salati che hanno per ripieno un impasto di uova e formaggio e che si cuociono al forno. Diffusi in tutte le Marche, i Piconi al formaggio sono conosciuti anche come Calcioni, Caciunitti, Caciuni, Ravioli al formaggio e Ravioli ascolani. Come spesso accade con molte ricette della tradizione popolare, non esiste una sola e unica ricetta, ma in base alla zona e alle tradizioni, la ricetta dei Piconi può variare, anche sensibilmente sia nella composizione del ripieno che in quella della pasta, infatti c’è chi mette del succo di limone o del vino bianco nell’impasto esterno, oppure chi utilizza solo pecorino stagionato nel ripieno.

Una cosa è certa: si chiamano Piconi per via della tipica piccata, ovvero il taglio che si fa in superficie e che permette al ripieno di fuoriuscire.Se volete mangiare i “piconi” dovrete chiederli nell’ascolano, se invece volete assaggiare i “calcioni” dovrete rivolgervi alle massaie o ai cuochi della zona anconetana, soprattutto a quelli di Serra San Quirico: ma in realtà quello che vi verrà portato sarà lo stesso dolce/salato. Se voleste riproporlo una volta tornati a casa, potreste utilizzarlo come antipasto ma anche come dolce: è questa la sua particolarità, davvero unica!

Nel suo impasto infatti troverete sia il formaggio, pecorino doc in quelli ascolani, che lo zucchero, in quelli di Serra San Quirico: ora si capisce perché le Marche sono una regione al plurale anche nella cucina ?!

 Il casatiello e il Tortano. A Pasqua sulle tavole partenopee non manca mai il casatiello salato e suo “cugino”  il Tortano. Di fatto sono due torte rustiche ben consistenti e ricche che si differenziano solo per la posizione delle uova: nel casatiello si mettono sopra a raggiera, chiuse da una croce d’impasto per ricordare la corona di spine; nel tortano le uova si trovano all’interno, nel ripieno.

La diffusione del casatiello, così come della pastiera, dolce partenopeo tipicamente pasquale, risale almeno al'600 e viene testimoniato dalla seguente citazione tratta dalla fiaba La gatta Cenerentola di Giambattista Basile (1566–1632) che descrive i festeggiamenti dati dal re per trovare la fanciulla che aveva perso lo scarpino:

« E,venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere e casatielle? Dove li sottestate e le porpette? Dove li maccarune e graviuole? Tanto che nce poteva magnare n’asserceto formato. »

Il casatiello è un pane che ha anche una forte simbologia cristiana, rappresenta dicevamo la corona di spine del Crocifisso e si mangia il sabato santo accompagnato da fave, ricotta salata e soppressata; ciò che avanza è destinato alla gita del lunedì di Pasquetta. 

Il Casatiello è un rustico dal carattere difficile e non è un caso che a Napoli si dica di una persona poco amichevole “sì proprio’ nu casatiello! ”come dire “Sei proprio una persona pesante”. Questo rustico è un esultanza di aromi e gusto che delizierà le vostre papille gustative nella Pasqua alla napoletana. È preparato a partire da una pasta da pane (non a casa in questo periodo molte panetterie di Napoli vendono il solo impasto del pane lievitato naturalmente) lavorata con strutto, formaggio, ciccioli e altri salumi e lievitata nuovamente, quindi cotta, preferibilmente in un bel forno a legna come una volta.

La pastiera napoletana

La pastiera è un antichissimo dolce pasquale che non può assolutamente mancare sulla tavola pasquale partenopea , inoltre è un dolce augurale che si dona a parenti e amici ed è un dono sempre gradito perchè la preparazione è lunga e laboriosa, ma il risultato è un dolce sublime di gradimento garantito, non è un caso in questo periodo il numero degli amici che reclama un assaggio della pastiera preparata da mia moglie è in continua ascesa……..

 L’origine della Pastiera è molto antica e la si può far risalire ai culti pagani quando la si preparava per celebrare l’arrivo della primavera la ricotta addolcita è la trasfigurazione delle offerte votive di latte e miele tipiche anche delle prime cerimonie cristiane. a cui si aggiungono il grano, augurio di ricchezza e fecondità e le uova, simbolo di vita nascente mentre l’acqua di fiori d’arancio è l’annuncio della Primavera. Nel tempo è diventata usanza di prepararla per la festività della Pasqua; il nome Pastiera sembrerebbe derivare dall’abitudine, consolidata per un certo periodo di tempo, che vedeva utilizzare al posto del grano cotto la pasta cotta; tutt’oggi ci sono ancora massaie che preparano la pastiera utilizzando paste del tipo spaghetti o capellini. 

Secondo una leggenda  della mitologia partenopea, la pastiera vede le sue origini dall'offerta che le mogli dei pescatori fecero al mare in una notte di burrasca, per propiziarne la benevolenza per i loro mariti, lasciando sulla spiaggia  nella notte  ceste con ricotta, frutta candita, grano e uova e fiori d’arancio affinché questo lasciasse tornare i loro mariti sani e salvi a terra. Al mattino, ritornate in spiaggia per accogliere i loro consorti, ebbero la sorpresa: notarono che durante la notte le onde avevano mischiato gli ingredienti ed insieme agli uomini di ritorno, scoprirono nelle loro ceste una meravigliosa torta: la Pastiera.

Un’altra storia molto diffusa racconta di Maria Teresa D’Austria, altera consorte del re Ferdinando II° di Borbone, che, accondiscendendo alle insistenze del marito celebrato ghiottone, accettò di assaggiare una fetta di Pastiera sorridendo nell'occasione per la prima volta in pubblico. Ferdinando, il più napoletano dei Borbone non si dece scappare la battuta: “Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”. 

La pastiera è una torta di pasta frolla ripiena di un impasto formato da ricotta, grano bollito, uova, spezie e canditi. La frolla della pastiera è croccante, mentre il suo ripieno è morbido di un colore giallo oro molto intenso mentre il suo sapore e il profumo varia a seconda degli aromi utilizzati.