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Non è il Tortano nè il Casatiello, è la pizza piena, in dialetto 'pizza chiena', che richiama la tradizione pasquale contadina del sud Italia. Come si può immaginare dal nome, si tratta di una torta rustica, cotta in forno, che richiede un ripieno ricco e alto almeno 6 o 7 centimetri, a cui fa da contenitore un impasto lievitato, simile a quello della pizza.  La cosa importante è l'altezza: la pizza chiena è alta e l'altezza è all'80% costituita dal ripieno, non dalla pasta di pane che sarà sottile quanto basta per fare da contenitore. In origine era il piatto del giorno di festa della cucina contadina, quando le donne si riunivano per impastarla tutte insieme e si mettevano poi in fila per cuocerla nel forno a legna. Dentro ci finisce tutto o quasi tutto quello che “avanza” anche se in tempi moderni viene preparata prima e dunque non certo con gli “scarti”. 

Non è certamente una portata vegana, considerando che è un saporito bauletto di pane arricchito da sugna e pepe che racchiude un ripieno composto da uova battute, salumi e formaggi. Pepe ovviamente come se piovesse. La quantità di salumi e di formaggi da porre nel ripieno varia secondo i gusti e le disponibilità in dispensa, non esiste una proporzione fissa.

Parmigiano e pecorino sono obbligatori ma potete arricchire anche con dadini di formaggi misti. Lo si cuoce al forno e  quello a legna sarebbe da preferire: non di rado, nel periodo di Pasqua, i panifici mettono a disposizione i propri forni a legna per la cottura, pagando un piccolo obolo, per chi non vuole rinunciare a farla in casa. E’ talmente diffusa sulle tavole della Pasqua irpina, che spesso, a Pasquetta, quando ci si incontra per la classica gita fuoriporta il giorno dopo la Resurrezione e lasciando ad ognuno la libertà su cosa portare, ci si ritrova solitamente inondati da pizze chiene non smaltite il giorno prima. Ha il vantaggio indiscusso di resistere anche diversi giorni e si sposa a perfezione con il vino principe dell’Irpinia, l’aglianico. Si usa prepararla il venerdì Santo perché è una pizza salata che per la sua struttura ha bisogno assolutamente di  riposare e dona il massimo della godibilità se gustata a temperatura ambiente quando tutti gli aromi si sono amalgamati. 

 

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Nellla Puglia, partendo dagli antipasti, citiamo il Benedetto, piatto foggiano che apre il pranzo del giorno di Pasqua, e che è composto da uova sode benedette dal prete durante la messa pasquale, salame, ricotta fresca e asparagi, prodotto tipico di questa stagione. Molto frequenti sulle tavole pugliesi sono anche i Panzerotti pasquali, fritti e ripieni di ricotta fresca.  L’agnello o capretto diventano il secondo per eccellenza, cucinati in mille modi diversi: nel foggiano abbiamo il Brodetto, cioè pezzetti di capretto cotto in tegame, associato ad asparagi lessati da parte, che poi vengono conditi insieme al capretto con uova sbattute e formaggio grattugiato; a Trani si usa invece consumare l’agnello con piselli, chiamato, anche in questo caso, Benedetto, e arricchito, ancora una volta, con uova sbattute e formaggio. I Carducci con l'agnello sono un altro piatto della tradizione pasquale pugliese, ossia agnello a pezzi rosolato con filetti di pomodoro e funghi cardoncelli, prodotto tipico dell’Altopiano delle Murge, il tutto legato con uova sbattute insieme a pecorino grattugiato.

Ma sono i dolci i veri protagonisti delle tavole pasquali: pensiamo alle Trecce Pasquali, Scarcedde o Scarcelle, un dolce semplice e genuino, che ricorda i sapori e le tradizioni di una volta. Le Scarcelle di Pasqua per i bambini sono sinonimo di festa: tante sono le forme divertenti che vengono date a questo dolce, dagli animaletti ricoperti di glassa colorata alle semplici ciambelle, che i bambini possono sbizzarrirsi a decorare con granella di zucchero colorata e zucchero a velo, nella tradizione per farne dono ai loro amichetti, accompagnati da bigliettini colorati con frasi d’auguri per la Pasqua.

Tra i dolci tipici della Pasqua pugliese però ricordiamo anche le pastatelle, preparate solo con olio d'oliva locale e marmellate fatte in casa, e i mostaccioli, tipici del tarantino e del Salento in genere, biscotti a base di mandorle con una gustosa glassa al cioccolato.

La coddura o cuddhura, è un tipico dolce siciliano, di derivazione ortodossa, che non può mancare nei menu di Pasqua. Sino a qualche anno addietro, durante il periodo della Quaresima, si osservava una grande moderazione alimentare, che escludeva dalle tavole carne, uova e formaggi, ma con l’arrivo della settimana santa le privazioni terminavano, e le uova erano un alimento particolarmente utilizzato per la preparazione dei dolci pasquali.
In Sicilia, il dolce di Pasqua  più diffuso è ancora oggi la "cuddhura" o "coddura”, un grosso dolce di forma circolare, che presenta un numero variabile, ma sempre dispari, di uova col guscio e che le giovani donne usavano regalare ai fidanzati nel giorno della Resurrezione.
Ma la forma della cuddura non è solo circolare: se ne preparano anche a forma 
di "gadduzzu" (galletto o colomba) per i ragazzi, di "pupa" (bambola) per le ragazze, e a “cuore” per i propri amati,  a forma di "panarieddu" (cestino) per augurare abbondanza, oppure di "campanaru" (campanile) per risuonare le campane al Cristo risorto.

Panaret (Pani Pasqua), dolce pasquale siciliano antichissimo tipico di Piana degli Albanesi, a forma di cesto con manico di pasta frolla, decorata anche con piccoli fiori, uccellini e al centro le tipiche uova rosse, simbolo di rinascita e di fecondità. Le donne arbëreshe preparano i pani ancora oggi durante la Settimana Santa, e in genere vengono regalati ai bambini i quali per mangiarlo aspettano con ansia il mezzogiorno del Sabato Santo (E Shtunia e Madhe). Anticamente il dolce veniva portato in chiesa per essere benedetto durante la cerimonia che si svolgeva nella Cattedrale di San Demetrio Megalomartire.

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Le Pardulas sono dei dolci della tradizione sarda e consistono in tortine molto delicate e gustose fatte con una sfoglia sottile e un ripieno a base di ricotta, o formaggio, o entrambi. Sono diffuse praticamente in tutta l’isola e ogni comune ha la sua ricetta, sono i dolci delle feste, ma vengono preparate prevalentemente per Pasqua.In realtà sono chiamate Pardulas  in sardo solo in zone quali il Sulcis, il Campidano di Cagliari e Oristano mentre prendono il nome di casadinas nelle Barbagie, Logudoro e altrove nell'isola. In italiano sono conosciute come  formaggelle e,  a seconda della zona, si possono gustare in una versione dolce o salata, all'aroma dilimone o arancia e, più raramente, una versione con l'uvetta. Nonostante la preparazione identica, il gusto tra le pardulas di ricotta, delicatissime, e quelle di formaggio fresco, che hanno un sapore più deciso, è molto diverso.

cParlare delle Pardulas è un pò rappresentare la primavera in Ogliastra, con i suoi profumi di macchia mediterranea che inizia a regalare  prelibati frutti, le preparazioni dolci e salate delle festività pasquali, che vedono coinvolti parenti e amici, la comunità tutta. Parlare di Pardulas è descrivere l’emozione che suscita il profumo di agrumi, che si diffonde dal forno di mattoni e pervade la casa, il vicinato , l'attesa e la trepidazione per un dolce semplice che è in quei luoghi simbolo della Santa Pasqua.