pasquaLa Pasqua è la festività che celebra, secondo tutte le confessioni cristiane, la resurrezione di Gesù, avvenuta il terzo giorno dalla sua morte in croce; ma se andiamo oltre l'aspetto religioso, la simbologia è quella della speranza che al buio si possa sempre contrapporre la luce, al freddo e alla stasi dell'inverno il risveglio e il tepore della primavera. La presenza in ogni menù pasquale delle uova e dell’agnello è certamente legata  alla tradizione religiosa: dall'antichità e secondo riti ancestrali, le uova sono simbolo di vita e di fecondità, e in genere venivano consumate proprio per celebrare l’arrivo della primavera, come metafora della rinascita di una nuova vita. In seguito i primi Cristiani trasposero questa tradizione associandola alla rinascita di Cristo: l’uovo è diventato così simbolo della Resurrezione. Da allora la Chiesa ha diffuso la tradizione di distribuire tra i fedeli ceste di uova benedette, e l’uovo è diventato parte integrante delle tradizioni cristiane legate alla Pasqua. Da  quelle utilizzate in torte salate o nei dolci a quelle di cioccolato, l’uovo è protagonista assoluto dei più tradizionali menù pasquali tipici italiani, insieme all’agnello, che ricorda appunto sotto il profilo religioso il sacrificio di Cristo, che diventa “agnello di Dio”. 

Facciamo una passeggiata attraverso l'Italia del periodo pasquale per raccontarvi delle specialità che vengono preparate in questo periodo.

Il Preisnitz

Se ne parla come il Re dei dolci Triestini, un dolce delle feste tipicamente pasquale. Si tratta di una corona di pasta sfoglia, arrotolata e farcita con frutta secca, biscotti, rhum, spezie e canditi: il dolce ricorda la forma della corona di spine di Cristo e, per questo, è usanza servirlo per l’occasione della Pasqua.

Diversi episodi e varie ricette arricchiscono la storia di questo dolce: è sempre intrigante scoprire le radici delle specialità gastronomiche perchè c'è sempre una bella fetta di storia italiana ad accompagnarle. Trovare poi la ricetta originale è una missione impossibile, ma al di là di questo gli ingredienti che compongono questo dolce sono una miscela prelibata per cui il risultato sarà in ogni caso eccezionale!presnitz

La tesi più romantica racconta che sia stato preparato la prima volta nel 1832, in onore di Carolina Augusta di Baviera, imperatrice d’Austria dal 1816 al 1835. Il dolce, che originariamente riportava una scritta in marzapane che diceva: “se giri il mondo ritorna qui”, venne insignito del Preis Prinzessin (Premio Principessa), da cui la storpiatura in presnitz. Altre fonti lo indicano come dolce di origine goriziana, di Castagnevizza in particolare, si parla infatti di Presnitz di Castagnavizza in alcune guide di cucina tipica della zona dalle cui  illustrazioni allegate alla ricetta, il dolce assomiglierebbe però più alla putizza, un altro dolce triestino di origine goriziana, simile alla gubana. Da non dimenticare che questi dolci già piuttosto "carichi" vengono sovente consumati con un abbondante spruzzata di grappa( sgnapa)……

Il bussolà di Burano è un dolce tipico dell'isola a forma di ciambella, conosciuto anche con il nome di buranelli. Ne esiste anche una variante, a forma di "esse", detta appunto esse di Burano o essi di Burano.

In passato il dolce veniva preparato dalle mogli dei pescatori, i quali si allontanavano da casa per lunghi periodi di tempo per andare a pesca. Nel caso in cui non potessero avere una buona alimentazione, il bussolà provvedeva a dare ai marinai tutte le energie sufficienti per affrontare la vita di mare.

Si dice inoltre che il bussolà buranello, aromatizzato alla vaniglia, al rhum o al limone, venisse usato per profumare la biancheria nei cassetti.

Oltre ai sopra citati usi, il bussolà veniva e viene tutt'ora preparato in caso di festività quali la Pasqua: anzi si può affermare che il bussolà è il dolce di Pasqua a Burano.

La torta pasqualina arriva direttamente dall’antica tradizione culinaria ligure.

La tradizionale torta pasqualina è tipica del periodo di Pasqua, cioè della primavera e dei suoi prodotti: uova, erbette, carciofi, piselli, cipolline nuove, maggiorana, un tempo presenti in ogni orto ligure. Rappresenta il momento più importante del pranzo pasquale e in passato era l'esaltazione dell'abilità culinaria delle casalinghe della zona di Genova, che leggendariamente si narra riuscissero a sovrapporre sino a trentatré sfoglie in omaggio agli anni di Cristo.

Una variante per altri periodi prevede l'uso delle Bietole o di altra verdura al posto dei carciofi. A Ventimiglia si usano nel ripieno erbe selvatiche (Ortica,Songino, l'erba grattalingua, Cicerbita), al posto della borragine e delle bietole ma se ne fa una variante ghottissima con i carciofi, naturalmente i violetti di Albenga. Dobbiamo anche considerare che nei secoli scorsi uova e formaggio, ingredienti essenziali della pasqualina, erano alimenti che si consumavano solo nelle grandi ricorrenze.

L'esistenza della torta pasqualina genovese è documentata dal XVI secolo, quando il letterato Ortensio Lando la cita nel Catalogo delli inventori delle cose che si mangiano et si bevano. Allora era nota come gattafura, perché le gatte volentieri le furano et vaghe ne sono, ma anche lo stesso scrittore ne era ghiotto tanto da scrivere: "A me piacquero più che all'orso il miele".

La torta pasqualina è ottima anche fredda, così da risultare ideale per la scampagnata di Pasquetta o per la colazione di Pasqua.

La ciaramicola

Il delizioso ciambellone caratteristico delle feste pasquali è una miscela di gusto e tradizioni di antichissime origini che racchiude in sé i simboli della città. Un’opera d’arte gastronomica pervasa da simbologie da assaporare e interpretare allo stesso tempo, perché a Perugia, la città del Grifo e del Leone, l'apparenza inganna più che altrove e anche una semplice ciambella col buco non è semplice come sembra.

 Il nome Ciaramicola deriverebbe da “ciarapica”, il termine dialettale per indicare la Cinciallegra, quel graziossimo uccellino pieno di colori che col suo canto annuncia la bella stagione; ma potrebbe essere  legata anche alla “ciara”, chiara: come la copertura del dolce, sormontato da una spessa coltre di albumi montati a neve. Ma questo dolce ha anche tanti colori:dall'alchermes all'interno e nei confettini verdi, blu e gialli che lo impreziosiscono che ricordano i rioni della città: il  rosso dell'alchermes come Porta Sant’Angelo, da dove entrava in città la legna per accendere i fuochi, il bianco come Porta Sole, il quartiere rivolto ad Est, luminoso tra i marmi e i travertini degli aristocratici palazzi “buoni”. Da Porta Susanna, la Via Trasimena conduce verso il Lago, il grande specchio blu della regione, mentre fuori da Porta Eburnea una distesa di boschi e vigneti colora di verde la vallata. Il grano che entrava in città da Porta San Pietro identifica con il giallo il colore dominante del quartiere sul colle più meridionale di Perugia.

In passato, oltre che mangiare la ciaramicola a Pasqua, era tradizione prepararla  a casa, in famiglia. Oggigiorno con i ritmi moderni sono rimaste poche le massaie che portano avanti questa bellissima tradizione, quindi la gente si rivolge alle pasticcerie, dove per altro questo dolce si trova tutto l'anno. In passato veniva portata in dono dalle ragazze prossime al matrimonio alle famiglie dei futuri mariti, proprio per festeggiare la Pasqua, ora questa usanza è scomparsa, ma è rimasta la  tradizione di mangiare questo dolce nel periodo pasquale.

I biscotti quaresimali 

Si tratta di golosissimi biscotti a forma di lettera dell’alfabeto, in Toscana conosciuti come “quaresimali”. Diffusi soprattutto tra Firenze e Prato, questi dolcetti a base di cacao e farina vengono realizzati nel periodo della Quaresima, ovvero dal mercoledì delle Ceneri fino al Giovedì Santo. Molte sono le storie legate alla loro origine: una delle più famose, attribuisce l’invenzione dei quaresimali a delle monache di un convento tra Firenze e Prato durante il XIX secolo. La scelta di realizzarli a forma di lettera dell’alfabeto sarebbe stato un modo per onorare le parole del Vangelo. 

Sebbene la paternità di questi dolci venga attribuita anche ad una fabbrica dolciaria di Firenze dei primi del ‘900, l’origine religiosa spiegherebbe in realtà la ricetta stessa. I quaresimali infatti non contengono burro, poiché i grassi animali erano vietati durante la Quaresima, in rispetto dei giorni di digiuno che Gesù osservò nel deserto. Che fosse un modo astuto escogitato dalle monache per non rinunciare ai dolci nei giorni di penitenza? Qualunque siano le loro origini, i quaresimali restano uno dei dolci più golosi della tradizione toscana.