Il Santo Natale è alle porte e in questo articolo vi portiamo a spasso per l’Italia in una carrellata delle tradizioni natalizie più antiche. Oggi il Natale ha perso molto la misticità e il fascino un po’ magico d’un tempo per diventare una folle corsa ai consumi di beni alimentari e voluttuari.
Quando ero bambino questo era il periodo in cui con i miei genitori ci inventavamo decorazioni con le pigne e fiocchetti rossi, mia madre impastava biscottini e dolcetti vari e a casa c'era un atmosfera magica; oggi le famiglie spendono il loro tempo nell' accalcarsi nei centri commerciali. D'altra parte l'evoluzione della società italiana ci ha portato dalla vita semplice in cui due zampognari erano l' attrazione a cui i bambini correvano incontro festanti, ai giorni nostri dove si perde la vista su smartphone e tablets sin dalla più tenera età. Parlando con un mio caro amico di Castelbuono, nelle Madonie, mi raccontava di come la caramella della sua infanzia fosse costituita da un fico secco con una mandorla non certo le coloratissime pastigliette che oggi ci vengono proposte. Anche il Santo Natale non era inteso in maniera cosi consumistica, abbracciando stereotipi americaneggianti, sino a pochi decenni orsono. E' curioso scoprire come esistano però luoghi comuni errati, per esempio ai nostri tempi è uso avere nelle tavole natalizie avere il tacchino che qualcuno pensa essere una tradizione presa dagli americani un pò come l’albero di Natale, ma se è vero che furono gli spagnoli a portare quest’animale in Europa dopo Colombo, è pur vero che fu l’italianissima e golosissima Caterina de’Medici a imporlo, farcito con castagne, nei menù natalizi.
E’ abbastanza noto che la data del Natale abbia strane coincidenze con le festività romane del Dio Mitra che rappresentava il sole e che il diffondersi del Cristianesimo di fatto sostitui’ questo culto pagano, ma il comun denominatore tra le due festività è il riferimento alla luce, o ,per meglio dire, alla luce dopo le tenebre. Non è infatti casuale che capita nel periodo del solstizio ovvero il momento astronomico che riporta a crescere il periodo di luce a scapito del buio con un conseguente grande significato anche simbolico e mistico. Peraltro in questo periodo il vino diventa pronto, l’olio è stato fatto da poco, la dispensa ha ancora una buona quantità di quanto prodotto nella bella stagione e il freddo permette la macellazione dei suini ovvero è un periodo di “grassa” per la vita contadina che vede con il crescere del periodo di luce una maggior possibilità di lavoro nei campi. E allora questo risveglio, questa luce viene festeggiata nelle maniere che più si adattano al periodo storico e alla fede di chi lo vive. E dunque facciamo un piccolo viaggio indietro nel tempo e immaginiamoci ospiti di una casa di contadini dove il freddo si stempera grazie a camini e bracieri e il focolare domestico è luogo di riposo dopo il duro lavoro, di comunione di affetti e vita con le persone che si hanno a cuore.E’ in questo ambiente che al culto religioso si mescola quello pagano del ceppo che deve essere sempre acceso durante la notte e dunque deve essere il più grande di cui si dispone, perché la fiamma deve brillare sempre viva e gaia. Il ceppo simboleggiava l’albero del peccato originale, che bruciando nella notte del Santo Natale di Gesù avrebbe annullato il peccato. La fiamma doveva ardere ininterrottamente sino all’Epifania, e per questo era curato e mantenuto perché questo rito avrebbe allontanato ogni disgrazia dalla famiglia. Le ceneri prodotte dal ceppo veniva sparse sui campi della famiglia propiziando raccolti abbondanti.
Il 25 Dicembre è considerato in tutta Italia anche il giorno del pane anche perché la tradizione del Panettone (milanese) e del Pandoro(veronese) come fatto di ampia diffusione è cosa relativamente recente.
Tornando alla nostra casa dei contadini avremmo trovato le donne di casa intente a preparare le specialità tradizionali tra i quali dei pani addolciti in varie maniere: il Pandolce in Liguria, il Panforte in Toscana, il Panpepato in Emilia Romagna e Umbria, il Pangiallo nel Lazio. In Puglia troviamo il Panvisco fatto con vincotto di fichi, uvetta, carrube e farina. In veneto invece si prepara un impasto di farina di granturco e frutta secca chiamata Pinza. Nella zona di Bologna troviamo un altro dolce natalizio veramente strepitoso: il Pane Certosino. Questo sembrerebbe aver avuto i suoi natali in un monastero ed è fatto di purea di zucca, miele, pinoli, uvetta, cedro candito e vino zibibbo. E, ancora, in Abruzzo e Molise la Cicerchiata, gli Strufoli campani, e in Sicilia Panelle e Cuccìa .Due curiosità: tutti sappiamo che il bambinello nasce a Betlemme, ma Betlemme è “Bet lehem “ ovvero casa del pane; di questi pani la tradizione vuole che se ne conservi un pezzetto da conservare sino a San Biagio quando verrà mangiato per preservarsi dal mal di gola tutto l’anno.
Potremmo raccontare ancora molte cose del Natale e forse a qualcuno verrebbe un pò di nostalgia, la realtà è che quando il mondo va avanti non si può tornare indietro, però ciò che si può fare è mantenere vivo ciò che di buono c'era: una festosità che non era uno sterile attesa del dono che si può gettare dopo pochi minuti, piuttosto un coinvolgimento di tutta la famiglia nel rendere gioioso e sentito l'evento, dalla preparazione delle decorazioni e del presepe a quella dei dolcetti natalizi come è tradizione italiana, il Santo Natale è prima di ogni altra cosa la festa della famiglia.