Andando in giro per la nostra Italia abbiamo continuamente l'opportunità di scoprire scorci e località di bellezza incomparabile e l'elenco sarebbe veramente lungo. Ma il connubio di mare e colline che ci offrono le cinque terre difficilmente lo possiamo trovare altrove. Qua, più che in altri posti si assiste alla lotta che si teneva tra chi, nato in riva al mare, cercava di conquistarsi un pezzetto di terra coltivabile e il luogo bellissimo ma aspro e impervio. E cosi si formarono quei terrazzamenti che addolcirono il territorio e resero ancora più caratteristiche le colline che sovrastano quei deliziosi borghi di pescatori.
L'isolamento dalle principali vie di comunicazione ha indotto una tutela della struttura urbanistica nei secoli producendo un "unicum" riconosciuto anche dall'UNESCO come Patrimonio Mondiale dell'Umanità: uno dei siti più belli del mondo.
Lo Sciacchetrà è un vino sontuoso bramato dall'appassionato che ha una folta schiera di personaggi illustri che lo hanno decantato a cominciare da Plinio, Boccaccio e Petrarca; successivamente Giosuè Carducci lo descrisse come essenza di tutte le ebbrezze dionisiache; sulla stessa lunghezza d'onda Gabriele D'annunzio lo descrisse come "profondamente sensuale; per concludere con Giovanni Pascoli che ne richiese alcune bottiglie in nome della letteratura italiana.
Il nome Sciacchetrà così singolare deriva da una contrazione della locuzione dialettale “Schiaccia e Trai” che genera un assonanza con lo Sciac-Trà, un altro vino ligure quasi identico nel nome ma assai diverso nelle peculiarità.
Il primo ad introdurre in forma scritta un nome simile all'attuale Sciacchetrà fu Telemaco Signorini, pittore macchiaiolo che nelle sue memorie su Riomaggiore cita più volte il vino prodotto da queste parti definendolo ottimo vino passito. Quest'ultimo viene prodotto, infatti, sulla Riviera di Ponente con uve Dolcetto, dando luogo a un vino rosato secco.
Sin dalla vendemmia si comprende quanto lo Sciacchetrà sia dissimile dagli altri passiti. Le vigne, infatti, sorgono su quei piccoli fazzoletti di terra strappati alle scogliere sulle cosidette "fasce", i terrazzamenti. Raggiungere i grappoli e coglierli dall'alto di queste terrazze a picco sul mare per i contadini è tutt'altro che agevole. Inoltre, le uve vengono sottoposte ad un lungo processo di appassimento naturale che le vede lasciate sulle piante più a lungo del normale affinchè possano raggiungere un giusto grado zuccherino ai raggi del caldo sole ligure. Una volta effettuata la vendemmia, avviene la selezione degli acini per porre i grappoli successivamente sui graticci o appesi dove rimarranno ad appassire sino a novembre inoltrato o, comunque, per un tempo tale che non proliferino delle muffe a causa dell'umidità autunnale o delle mareggiate. Questo complesso processo di produzione sarebbe sufficiente a rendere questo vino un elisir unico ed estremamente pregiato, ma ci sono ancora molte peculiarità che lo caratterizzano.
Lo Sciacchetrà viene Prodotto con tre vitigni, Bosco, Vermentino ed Albarola.
Vino molto pregiato, ideale da accompagnare alla pasticceria secca, alle crostate e ai formaggi erborinati, ma anche da utilizzare per la preparazione di sorbetti e gelatine, presenta una gradazione alcolica minima del 17%. Prima di essere immesso sul mercato viene sottoposto ad un periodo di affinamento di almeno 12 mesi che può raggiungere i 36 mesi per la tipologia “Riserva”. Richiede un servizio ad una temperatura di circa 14 gradi, possibilmente in un bicchierino a forma di tulipano che ne esalta il ricco bouquet. I suoi profumi, sono svariati e riportano alla mela, la frutta secca, in particolar modo la mandorla, e l'albicocca secca, con una gradevole nota speziata e, nei migliori Sciacchetrà soltanto, un aroma che richiama il mare.
Si presenta dolce al palato senza essere mai stucchevole, ben strutturato e sapido, ed alla vista il suo colore, intenso e dorato, varia dal giallo paglierino per i vini più giovani all'ambrato di quelli più maturi. E' certamente un vino da meditazione, da sorseggiare in compagnia.
Lo Sciacchetrà simbolo delle Cinque Terre, dai profumi vertiginosi come la costa che cade dritta nel mare, rimarrà probabilmente sconosciuto ai nostri nipoti. Le ragioni principali sono da ricercare nella difficoltà di produzione e nello scarso interesse commerciale verso questo passito dolce e laborioso, che richiede doti di equilibrismo nella conduzione dei vigneti aggrappati al monte grazie a un sistema di terrazze, sempre più spesso lasciate in pasto ai cinghiali.
Nelle Cinque terre è la natura che detta le regole: la roccia su cui poggiano le Cinque Terre si sbriciola sotto i piedi e una leggera pioggia è sufficiente a produrre frane senza ostacoli fino al mare, se i muretti a secco non la trattenessero. I vignaioli, da secoli, "domano" questo territorio senza antropizzarlo, ma il problema dell’abbandono è sempre più urgente. Per questa ragione, l’opera dei viticoltori assume una doppio valore: la perpetuazione di un’antica tradizione vinicola e la preservazione del territorio.