Torino nell'immaginario dell'italiano medio equivale a Fiat, Juventus e ,tutt'al più, un passato con la corte dei Savoia ma raramente ci si accosta l'idea della bellissima città piena di vita e, soprattutto, del buon mangiare e ancora migliore bere. Che le langhe e l'astigiano siano a tre passi lo sappiamo tutti, come Alba con nocciole e tartufi, le risaie del vercellese, i funghi e la cacciagione dei boschi prealpini.
La cucina torinese è profondamente radicata nel territorio,ma anche ricca ed elaborata: frutto del fortunato connubio fra le origini contadine e le raffinatezze della Corte sabauda, con grosse contaminazioni d'oltralpe.
Per complicare e completare il quadro, la grande ondata di immigrati degli anni sessanta e settanta, provenienti dalle regioni del Mezzogiorno, ha portato aTorino le tradizioni culinarie del meridione.In questa città più che in altre si sono mantenute tradizioni non solo per le vivande e le bevande, ma anche per i locali per la ristorazione. Dall'associazione dei locali storici italiani, Torino risulta essere la seconda città in Italia ad ospitarne di più, dopo Milano. Infatti sono presenti ben 14 tra ristoranti, alberghi e, soprattutto, caffè. I caffè torinesi sono ben diversi dai bar, e questo tratto accomuna Torino con Parigi, la grande città a cui la capitale sabauda si è sempre riferita come un modello da imitare. Pare che a determinare già nell'Ottocento la diffusione dei caffè, oltre alla passione tutta torinese per le golosità e la tradizione del cioccolato, sia stato l'arrivo improvviso di intellettuali da tutta Italia. Questi trovavano nella Torino di Carlo Alberto e di Cavour un rifugio dalle persecuzioni a cui erano soggetti nei loro Stati per le loro idee politiche, e il punto di riferimento per la lotta all'unità italiana. Nei caffè essi potevano incontrarsi, leggere i quotidiani, riscaldarsi e gustare le prelibatezze locali. Oltre ai personaggi del Risorgimento, come Cavour, Rattazzi e D'Azeglio, nel Novecento alcuni di essi saranno frequentati da scrittori (come Guido Gozzano e Cesare Pavese), industriali (come il senatore Agnelli ed Emilio Lavazza) e pittori (come Felice Casorati).
L'aperitivo
Avete mai sentito parlare dell'"ape" ( neologismo diminutivo dell'aperitivo)Torino è considerata la città che ha dato i natali a questa consuetudine. Questo è un vero e proprio rito che si svolge principalmente in tre punti strategici: il Quadrilatero Romano, Piazza Vittorio Veneto e il quartiere di SanSalvario. All'aperitivo si possono dedicare pochi minuti ma preferibilmente anche qualche ora, cosi da rappresentare una valida alternativa al pasto propriamente della cena. Nei buffet possiamo infatti trovare un pò di tutto: possono comprendere assaggi di pietanze fredde o calde. La consuetudine dell'aperitivo in questa forma si è diffusa negli ultimi anni ormai in tutto il Nord Italia, però a Torino è una tradizione consolidata da tempo immemorabile. Infatti è un'abitudine tradizionale piemontese la cosiddetta marenda sinoira, ossia un robusto spuntino del tardo pomeriggio a base di salumi e formaggi, consumato al ritorno da un'escursione in montagna o durante una partite a carte ma sempre rigorosamente accanto a un buon vino rosso. Inoltre non tutti sanno che il primo tramezzino in Italia fu quello del bar Mulassano, nel 1925, importato come altre vivande da Parigi.
In secondo luogo è da ricordare che proprio a Torino fu inventato nel 1786 il Vermouth che era un componente essenziale degli aperitivi d'un tempo.